di Mario Bon – 23 luglio 2015
L’altoparlante dinamico presenta
una impedenza caratterizzata, alle basse frequenze, da picchi di impedenza
causati dalla combinazione con il carico adottato (uno per la cassa chiusa, due
per il reflex, o più per altri tipi di carico)
mentre, verso le alte frequenze, aumenta per effetto dell’induttanza
della bobina mobile (diminuisce nei pannelli elettrostatici). Nei sistemi
passivi multivia l’impedenza complessiva
risente della presenza del particolare cross-over (vedi figura di
seguito) . In linea di principio, un picco nella curva di impedenza
dell’altoparlante (senza filtro) rappresenta un picco di velocità della
bobina mobile. Un avvallamento, al
contrario, rappresenta un minimo di
velocità. Per un sistema di multivia che comprende un cross-over passivo
si osservano anche le variazioni di impedenza dovute al filtro stesso che
possono mascherare picchi e buchi dovuti alla
impedenza meccanica (Zm = (BL2)/Zes).
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Modulo e
fase dell’impedenza di un diffusore commerciale. I primi due picchi a bassa
frequenza sono dovuti al carico. Il
grosso picco centrato a 1000 Hz è dovuto al cross-over. Le irregolarità
distribuite attorno al secondo picco
(centrato a 50 Hz) sono risonanze della struttura. |
Data l’ impedenza Za dell’altoparlante, è possibile determinare un’altra impedenza Z1 tale che il parallelo di Za e Z1 dia come risultato una pura resistenza ZA//Z1=R. Questa operazione si chiama compensazione dell’impedenza. La compensazione può essere realizzata con il grado di accuratezza desiderato (è solo questione di tempo e di soldi). La figura che segue mostra un circuito equivalente elettrico dell’altoparlante e l’impedenza sintetizzata per compensarla. L’esempio si riferisce a un woofer in aria libera o cassa chiusa e, in questo caso, vengono impiegati 7 elementi. Per un sistema reflex ne servono 3 in più. Se ci si accontenta di una buona approssimazione possono bastare da 3 a 5 elementi. Si può ritenere soddisfacente una variazione del modulo dell’ impedenza intorno a +/- 20% e della fase entro +/- 36°.
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Compensazione (semplificata) per
l’induttanza della bobina mobile |
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Compensazione della induttanza
della bobina mobile quando si utilizza un modello a 4 parametri |
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Compensazione schema generale
proposto da Audiovisione |
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C=L/R2 L=CR2 R = Re (1+R/Re) |
Compensazione (semplificata) per
la risonanza dell’ altoparlante in cassa chiusa |
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Impedenza dell’altoparlante |
Rete di compensazione |
Compensazione per woofer in casa
chiusa (TEB) (Mario Bon) |
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Impedenza dell’altoparlante |
Rete di compensazione |
Altoparlante in reflex con radiatore passivo |
Quando l’altoparlante
completamente compensato viene collegato all’amplificatore, l’amplificatore
vede solo una pura resistenza di valore Re e si comporta di conseguenza.
L’altoparlante compensato è un carico perfettamente rifasato (vedere potenza
attiva e potenza reattiva). Ne segue che
la retta di carico dell’amplificatore è una retta. Questo non significa
che la forza controelettromotrice sia scomparsa: la bobina mobile
dell’altoparlante continua a produrre tensione ma lo scambio di potenza reattiva avviene tra l’altoparlante e
l’impedenza di compensazione. Come risultato la tensione e la corrente erogata
dall’amplificatore sono in fase.
Se potessimo chiedere
all’amplificatore: su che carico stai lavorando? L’amplificatore risponderebbe:
“un una resistenza pura”, e se chiedessimo “ti arriva correne dal carico?” la
lisposta sarebbe “No”.
Dato che ogni amplificatore lavora
meglio su carichi puramente resistivi, Il modo migliore per far lavorare bene
un amplificatore è rifasare il carico. La cosa vale per il singolo altoparlante
come per un sistema di altoparlanti multivia con cross-over passivo di
qualsiasi livello di complessità. L’amplificatore non sa cosa gli viene
collegato: l’unica cosa che “vede” è l’impedenza del carico e non come questa
impedenza è stata realizzata. Il giorno che ciò sarò compreso vedremo cadere
tutta una una serie di dogmi e luoghi comuni.
Va anche detto che, al fine della
riduzione delle rotazioni di fase, è
più importante compensare i picchi di impedenza a bassa frequenza (anche in
considerazione del fatto che lo spettro dei segnali musicali è più simile al
rumore rosa che al rumore bianco).
Cosa cambia quando l’amplificatore
pilota l’altoparlante compensato o non
compensato?
Con l’altoparlante non compensato
la retta di carico dell’amplificatore degenera in una ellisse (vedi figura),
Con l’altoparlante compensato la retta di carico rimane una retta.
Ricordiamo che è il carico che non
deve mettere in crisi l’amplificatore: l’amplificatore ha delle caratteristiche
e il carico deve fare in modo che
l’amplificatore lavori al meglio e all’interno dei suoi limiti (erogazione di
potenza e smaltimento del calore).
Dall’altra parte chi progetta amplificatori non può prescindere dalle
caratteristiche del carico. Dalla
tabella qui sotto si vede che per ottenere 100 Watt su 8 ohm bastano 3.5 Ampere. Considerato che le
protezioni scattano quando il carico arriva a 2 ohm, la massima corrente che un
amplificatore dovrebbe erogare è di circa 14 ampere. Alcuni diffusori commerciali ne richiedono il doppio.
La colpa è del diffusore. Il
risultato è che si devono acquistare amplificatori sovradimensionati e più
costosi.
Se un amplificatore deve erogare
forti correnti è più difficile renderlo lineare e quindi costa ancora di più.
carico |
Potenza in Watt |
Corrente
in Ampere |
Tensione
di picco |
8 |
100 |
3.536 |
40 volt |
4 |
200 |
7.071 |
40 volt |
2 |
400 |
14.14 |
40 volt |
1 |
800 |
28.28 |
40 volt |
Quello che conta, in un
amplificatore, non è la massima corrente ma la minima tensione garantita al
variare del carico. Per esempio se un ampli eroga 500 watt su 2 Ohm va considerato da 250 Watt/4Ohm e 125 Watt/8Ohm. Questo indipendentemente se
su 8 ohm l’ampli eroga 180 Watt. La minima tensione garantita sul carico è
quella che corrisponde a 500 Watt su 2 ohm ovvero 44.73 Volt di picco. Quardando la degenera<ione della retta di
carico (prossime figure) si vede che, fissata la pendenza della retta di carico
che corrisponde alla componente resistiva del carico, al variare della
componente la corrente massima non aumente mentre l’andamento dell’ellisse
porta i dispositivi di uscita verso una maggiore dissipazione di potenza (a
causa dell’aumento della tensione e non della corrente. Quindi quando si dice
che per pilotare un carico reattivo serve “molta corrente” non si racconta la
storia com’è. Aumentandi il numeri di dispositivi di uscita si aumenta la
potenza dissipabile (che è quello che serve) e, incidentalmente, si aumenta
anche la corrente disponibile.
L’altra cosa che, sempre per quanto riguarda gli amplificatori, non viene considerata è che il segnale musicare possiede un andamento energetico che è molto più simile ad un rumore rosa che ad un rumore bianco. Ma è inutile continuare su questo argomento.
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Degenerazione della retta di carico dei dispositivi di uscita
di un amplificatore di tensione in push-pull su carico reattivo. Il segnale,
in questo esempio, è la sovrapposizione di due sinusoidi isoenergetiche a 50
e 100 H z. Lo svasamento tra tensione e corrente è 60 gradi. 60° a 50 Hz è una
situazione reale. Sono indicate le isoterme a 100, 200 e 400 watt. Si vede
che la retta di carico (blu) per carico resistivo di 8 ohm rimane tutta sotto all’isoterma corrispondente a
100 Watt di dissipazione. Quando la retta degenera l’ellisse supera l’isoterma corrispondente
a 200 Watt. Si noti anche che la corrente erogata cambia di poco
mentre la tensione aumenta molto passando da 30 a 50 Volt. Quindi con i
carichi reattivi (a differenza di quanto si pensa) è più importante
l’escursione di tensione e la dissipazione di potenza. |
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Confronto tra le rette di carico a R, R/2 e R/4 a 50Hz con
svasamento di 20° per R e R/2 L’ellisse di carico corrispondente a R/2 supera l’isoterma
corrispondente ai 1P Watt di dissipazione. In sostanza in presenza di carichi reattivi si deve, come
minimo, raddoppiare la potenza dissipabile dell’amplificatore: per diffusori da 4 ohm nominali si devono scegliere amplificatori in grado di
lavorare su 2 ohm non tanto per la corrente quanto per la tensione. Un ampli che eroga 500 Watt su 2 ohm va considerato 250 su 4 e 125 su 8 ohm. L’SPL (a un metro)
sarà pari all’SPL del diffusore + 21 dB. Per es. con un diffusore da 90 dB si otterranno 111 dB a 1 metro in campo libero. |
Ricordiamo che l’altoparlante non è un dispositivo lineare (e nemmeno la sua impedenza lo è) ed in particolare se è pilotato in tensione la corrente che lo attraversa sarà non lineare, se è pilotato in corrente la tensione ai suoi capi sarà non lineare. Quando l’altoparlante è pilotato in corrente la corrente che attraversa la bobina mobile (e quindi la forza) è quella imposta dal generatore di corrente. La forza è comunque non linerare perché dipende dalla linearità di BL (quindi dalla distribuzione del campo B nel traferro).